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proposto da Caterina Bugatto
È possibile per uno studente universitario aiutare effettivamente un bambino vittima di bullismo?
Questo studio dimostra che si possono avere risultati sorprendenti in soli sei mesi, senza grandi interventi, semplicemente instaurando una relazione di mentoring durante il pranzo, per due volte a settimana.
Scopri come, quali sono gli effetti e quali i limiti!
Lo studio presentato dal seguente articolo illustra i benefici di un programma di mentoring effettuato nell'ora di pausa pranzo, il "Lunch Buddy program" come una forma di prevenzione selettiva per bambini vittime di bullismo.
Allo studio partecipano 36 bambini di quarta-quinta elementare identificati come vittime (secondo le testimonianze di altri bambini ed insegnanti).
12 bambini di una scuola elementare vengono sottoposti al Lunch Buddy program, che prevede un affiancamento di un studente del college per 2 volte alla settimana, nell’orario del pranzo, durante il secondo semestre di un anno accademico.
Il gruppo di controllo non sottoposto al programma è formato da 12 bambini della stessa scuola ed altri 12 bambini di una diversa scuola elementare.
I risultati dimostrano che i bambini partecipanti al Lunch Buddy program beneficiano di significative diminuzioni di bullismo da parte dei compagni in un solo semestre.
Sia i bambini che i mentor giudicano la relazione positivamente, ed anche genitori ed insegnanti risultano essere soddisfatti di questo programma di mentoring. Nell’articolo vengono discusse le implicazioni dei risultati ottenuti sia per quanto riguarda la ricerca che la pratica. Vengono inoltre riportate alcune ipotesi su quali siano i meccanismi per cui effettivamente il Lunch Buddy program può avere effetti positivi nei casi di bullismo, e vengono affrontati i limiti dello studio. In ogni caso i risultati sono incoraggianti.
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proposto da Elisa Carpi
Quale può essere uno dei tanti contesti, oltre a quello scolastico, in cui risulta positiva la relazione di Mentoring?
Questo articolo riguarda le relazioni di mentoring che si instaurano in modo naturale tra giovani ragazzi senzatetto o che sono scappati di casa e delle figure per loro importanti (parenti, insegnanti,..) che assumono il ruolo di mentor.
Provenienti da situazioni familiari problematiche sono soggetti a rischio di commettere azioni illegali o di sviluppare patologie o disturbi mentali.
Lo studio presentato nell'articolo si pone come obiettivo quello di analizzare quali possono essere gli effetti che una relazione di mentoring naturale e il sostegno sociale possono avere sulla vita di questi giovani ragazzi, nel promuovere uno sviluppo sano e nell'aumentare la loro resilienza, tenendo presente le difficoltà che ognuno di loro ha incontrato durante la sua vita.
Lo studio è stato condotto su un campione di 23 giovani senzatetto tra i 14 e i 21 anni, i quali sono stati intervistati riguardo le loro relazioni di mentoring naturali e in che modo queste si differenziano dal supporto sociale nel determinare il loro benessere.
I risultati ottenuti attribuiscono molta importanza a queste fonti di sostegno per uno sviluppo positivo di questi giovani ragazzi, anche se il campione preso in considerazione è troppo ridotto per effettuare generalizzazioni che coinvolgano la maggior parte della popolazione e questo indica la necessità di compiere ulteriori studi a riguardo.
Personalmente ho trovato questo articolo molto interessante sia perché permette di vedere la relazione di mentoring e i suoi benefici da un altro punto di vista, che va oltre il contesto prettamente scolastico, sia perché l’articolo stesso riporta molte testimonianze personali dei ragazzi che vanno a validare le argomentazioni descritte e inoltre rendono più piacevole e coinvolgente la lettura.
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proposto da Erica Pini
Quali sono secondo te le caratteristiche di mentor e mentee efficaci? Quali fattori influenzano il successo di una relazione di mentoring e quali invece ne determinano il fallimento? Leggi e controlla quanto ne sai!
Tra marzo 2010 e gennaio 2011 è stato realizzato uno studio qualitativo a partire dall’analisi di interviste individuali semi-strutturate somministrate presso i Dipartimenti di Medicina dell’Università di Toronto e quelli dell'Università di California, San Francisco.
Gli autori hanno individuato ed esplorato una serie di temi tra cui: le caratteristiche di mentor e mentee efficaci, le azioni di mentor competenti, le caratteristiche di successo e non dei rapporti di mentoring e le tattiche per relazioni riuscite di mentoring.
In particolare è emerso che relazioni di successo di mentoring sono caratterizzate da: reciprocità, rispetto reciproco, aspettative chiare, connessione personale e valori condivisi. Rapporti di mentoring falliti sono al contrario contraddistinti da: scarsa comunicazione, mancanza di impegno, differenze di personalità, competizione, conflitti di interesse e mancanza di esperienze da parte del mentor.
Questo studio è interessante perché prende in considerazione anche le caratteristiche del mentee e le costanti in un rapporto mentoring non riuscito. La generalizzabilità è scarsa in quanto sono state coinvolte solo due istituzioni, tuttavia coinvolge due Stati e un campione di persone molto ampio.
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proposto da Roxana Magdici
Orientamento ad obiettivi, aspettative sulle potenzialità della carriera del mentee e leadership del mentor sono tutte collegate e scatenano una reazione a catena. Il mentor può quindi contribuire alla realizzazione della carriera del mentee se quest’ultimo ha un alto livello di ragionamento per obiettivi e di conseguenza il mentor riporrà in lui maggiori aspettative di successo professionale applicando così una maggiore leadership. Il motore nella relazione è il reciproco feedback positivo mentor-mentee e la motivazione che ne deriva da entrambe le parti.
Trovo quest’articolo particolarmente interessante perché ritengo importante il successo nella carriera professionale in quanto fonte di soddisfazione nella vita. Avere un mentor in questo ambito aumenta la qualità di vita del mentee che a sua volta influenza positivamente clienti e colleghi, contribuendo a creare un ambiente lavorativo più sereno e proficuo. Dall’altra parte il mentor ha l’opportunità di affinare la sua leadership, di condividere conoscenze ed esperienze ed avere un feedback sulle sue competenze personali e professionali con un sentimento di utilità e soddisfazione.
Concordate anche voi attingendo alla vostra esperienza? Siete mai stati o vi siete mai sentiti mentor al lavoro o in qualche occasione nella vita?
Ricerche precedenti hanno assunto che le relazioni tradizionali mentor-mentee, basate sull'apprendimento reciproco e gli orientamenti allo sviluppo operano ad un livello bivalente nell’analisi. Questo studio esamina quest’ipotesi fornendo più livelli di analisi (individuale e di coppia) dei test sul rapporto tra 1) apprendimento all’orientamento all’obiettivo, 2) leadership trasformazionale e 3) aspettative di successo nella carriera (realizzazione professionale, sviluppo ed equilibrio) sostenuto da 217 mentor e mentee appartenenti a 11 settori diversi.
I risultati delle analisi hanno indicato che 1) apprendimento all’orientamento all’obiettivo/ leadership trasformazionale e 2) leadership trasformazionale /aspettativa sull’equilibrio di carriera erano basati sulle differenze tra le coppie.
Invece erano basati sulle differenze individuali 1) apprendimento all’orientamento all’obiettivo/aspettativa di successo nella carriera e 2) leadership trasformazionale/aspettativa sulla realizzazione professionale e sviluppo delle relazioni.
Vengono trattate le implicazioni sulla ricerca e sullo studio nelle relazioni di mentoring.
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proposto da Laura Santolin
Insegnanti come mentors: vantaggio o svantaggio?
In questo articolo, pubblicato nell’agosto del 2013 da Francisco Simoes e Madalena Alarcao, viene presentato uno studio qualitativo condotto su un programma SBM (school based mentoring).
Tale tipologia di progetto mira a formare degli insegnanti affinché possano adempiere al ruolo di mentors per studenti a rischio della scuola stessa.
In particolare, in questo studio vengono paragonati i punti di vista dei mentors e dei genitori dei ragazzi circa i fattori che possono determinare il successo o meno di progetti di questo tipo. Emerge dunque come entrambi i pareri siano essenziali ed indicativi per la lettura dei risultati finali.
È stato condotto uno studio qualitativo utilizzando la tecnica del focus group, raccogliendo poi statisticamente i dati dei 22 mentors e dei 16 genitori.
L’articolo risulta interessante soprattutto per la presentazione dei risultati dello studio; infatti emerge chiaramente come le caratteristiche personali dei mentors-insegnanti influenzino l’efficacia del progetto, ma di notevole spessore è la questione posta sulla sovrapposizione di ruolo dei mentors stessi. Viene fatto notare come il ruolo sociale di insegnante se da un lato può favorire positivamente il progetto e la relazione con il ragazzino a rischio, dall’altro limita la possibilità dello studente di entrare in contatto anche con altre figure adulte di riferimento, oltre a quelle tradizionali del docente e del genitore.
A mio parere è specialmente questo ultimo dettaglio quello più importante, perché se da un lato lo status sociale di insegnante può affiancarsi bene a quello di mentor, dall’altro il rischio di una contemporaneità di ruoli potrebbe comportare delle difficoltà che questo articolo presenta esaustivamente.
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Journal of Social and Personal Relationships
Patricia E. Gettings, Steven R. Wilson. 2014
proposto da Roxana Magdici
Trovo questo articolo particolarmente interessante perché spiega cos’è il mentoring facendo riferimento anche ad altri tipi di relazioni come quella romantica o lavorativa e questo lo rende, a mio avviso, alla portata di tutti. Inoltre fa molto riflettere perché sottolinea l’importanza della durata della relazione di mentoring: più è duratura migliori sono gli effetti nelle varie aree della vita del mentee (scolastica, familiare, sociale..). L’impegno del mentor, e di conseguenza la durata del rapporto, comunica al mentee un modello di relazione, contribuisce alla percezione che il mentee ha di sé stesso nel mantenere legami e gli insegna l’importanza di impegnarsi in quelli futuri. I ragazzini con un attaccamento insicuro possono avere difficoltà nello stabilire rapporti stretti e duraturi con i loro coetanei. Possono aver vissuto varie sfide nella vita come, ad esempio, difficoltà economiche, una recente separazione dei genitori o la perdita di contatto con amici stretti. E’ quindi di massima importanza l’impegno nella relazione da parte dei mentor altrimenti vi è il rischio di avere un impatto negativo sul mentee e su come poi percepirà le sue relazioni future, specialmente in situazioni così delicate.
Che cosa influenza la buona riuscita di una relazione di mentoring? Tra i fattori analizzati troviamo la durata della relazione (nello studio varia da 1 mese a 9 anni) e l'impegno che i mentor mettono nella relazione. Lo studio, che l’articolo riporta, conferma l’utilità del Modello dell'Investimento nel predire l'impegno in un contesto di mentoring con i giovani. La soddisfazione è il fattore che più predice l'impegno dei mentor nella relazione, seguono poi la quantità dell'investimento affettivo e la qualità delle alternative. Vengono infine considerati il comportamento di proseguimento o abbandono della relazione e l'uso di strategie per il mantenimento della relazione. Allo studio hanno partecipato 145 mentor di quattro diversi programmi di mentoring. L’età media dei mentor è di 30 anni e quella dei mentee varia dai 6 ai 22 anni. I mentor sono stati contattati per e-mail e si sono sottoposti a un questionario che indagava i vari fattori sopra elencati e 44 mentor hanno poi compilato un altro questionario dopo 7 mesi per misurare il comportamento di proseguimento o abbandono della relazione.
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